Con il 9% del Pil (133 miliardi di euro) e il 13% dell’occupazione (3,2 milioni di lavoratori occupati) –, il made in Italy è un valore da tutelare facendo rispettare le regole, eliminando la competizione sleale e sapendolo vendere bene nel mondo.

Il 20 luglio alle 17,30, l’Aula Magna del Campus Universitario di Matera accoglie una serie di riflessioni e importanti contributi sulla filiera del made in Italy, un asset strategico per il Paese che vale il 9% del Pil (133 miliardi di euro) e il 13% dell’occupazione (3,2 milioni di lavoratori occupati) (fonte: Nomisma, 2018). Ma che soffre di problemi: quello più limitante è la frammentazione produttiva, che contribuisce a mantenere elevato il numero di passaggi nella filiera e riduce la possibilità di ottenere economie di scala (riduzione dei costi di produzione) e di scopo (necessarie per investimenti, innovazione e internazionalizzazione).A ciò si aggiungano la dipendenza dall’estero per molte produzioni agroalimentari di base (grano, soia, carni bovine e suine, latte…) e le inefficienze del “sistema Paese” dovute a pesanti ritardi strutturali e competitivi quali i costi del trasporto su gomma, dell’energia elettrica, della logistica.

Il made in Italy è molto più di un’indicazione di provenienza; è, soprattutto, un valore che crea reputazione tra i consumatori di ogni angolo del mondo. Un valore che va tutelato dalle contraffazioni facendo rispettare le regole, eliminando la competizione sleale in grado di minare alla base la competitività di tante aziende oneste e sapendolo vendere bene nei mercati mondiali.

«L’Italia è una miniera di valori da riscoprire, ma ha ancora scarsa sensibilità e consapevolezza della rilevanza della sostenibilità economica, sociale e ambientale, su cui è in forte ritardo», sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese« I 60 miliardi di euro che l’italian sounding “ruba” ogni anno non sono solo un danno economico, ma anche il segno che imprese e istituzioni non lavorano di concerto, le prime assumendosi le proprie responsabilità e le istituzioni svolgendo il ruolo di governo e di progettualità a cui sono demandate. Serve decentrare le attività dallo Stato agli enti locali; serve, soprattutto, una politica nazionale che sostenga e difenda il made in Italy, il più autentico valore del Paese, dando vita a un progetto di valorizzazione di quanto è espressione del saper fare italico, della tradizione, della qualità della vita, dell’arte del vivere bene.Chiediamo al governo più determinazione e forza nel tutelare tutto ciò che è eccellenza italiana nel mondo».

Il made in Italy – soprattutto nell’agroalimentare di qualità – è entrato nel nuovo millennio crescendo e con molti casi di successo. Fare prodotti di eccellenza, però, è condizione necessaria ma non più sufficiente. Bisogna migliorare l’organizzazione commerciale, essere bravi a collocare i prodotti sul mercato, ottenere buone remunerazioni e trasformare la qualità in reddito. Servono, soprattutto, aggregazioni, potendo contare su competenze e supporti finalizzati allo sviluppo.

Un patrimonio di saperi, di capacità di stare assieme e fare sistema, di sguardi aperti, di professionalità, di obiettivi ambiziosi che Conad coltiva in modo attento con una politica di qualità e linee di prodotti rispettosi dell’origine italiana e interpreti delle eccellenze tipiche regionali.