Quello del tonno è un mercato globale da 42 miliardi di dollari l’anno. Tra gli interessi di americani, giapponesi, thailandesi, a giocare la partita c’è anche un’azienda ultracentenaria che ha sede a Pizzo, un comune calabrese di poco più di novemila abitanti, affacciato sul Tirreno. E che, da sempre, produce i suoi vasetti di filetti e tranci sottolio a pochi chilometri dalla costa, nello stabilimento di Maierato.

Filippo Callipo
Filippo Callipo

La Giacinto Callipo conserve alimentari, conosciuta grazie al brand Callipo, 350 quintali di tonno lavorato al giorno, è oggi un’azienda da 57 milioni di euro di fatturato, di cui oltre il 10% realizzato all’estero soprattutto tra Canada, Germania, Belgio e, a sorpresa, Libia, con trenta container all’anno. È guidata da Filippo Callipo, Cavaliere del Lavoro e pronipote del fondatore Giacinto, «armatore di paranzi». Con lui ci sono i figli Giacinto e Filippo Maria, 35 e 24 anni: fin dalle origini, nel 1913, la Callipo è un’azienda familiare e molto legata al territorio. «In passato sono venuti a cercarci, almeno un paio di volte — racconta Callipo —. Anche una grossa multinazionale si è fatta avanti proponendo di entrare nel capitale e lasciandomi alla guida. Ma ho rifiutato, e adesso è venuto il momento di pensare ai miei figli». Una presa di posizione netta, nell’estate in cui il businessdel tonno si concentra sempre di più, con la Bolton che ha acquisito l’americana Tri Marine, una filiera globale e un fatturato da oltre un miliardo di dollari. Dopo l’operazione, il gruppo è ora il secondo operatore al mondo, dietro ai thailandesi di Thai Union.

Posizionata nella fascia medio-alta delle conserve ittiche, settore che in Italia vale in totale 1,3 miliardi di euro, Callipo ha negli ultimi anni visto crescere i fatturati fino al 10%, previsione confermata anche nel 2019, con l’export in aumento. «C’è un ritorno importante verso il consumo di prodotti italiani di qualità, non elaborati e salutari — prosegue Callipo —. Il tonno sottolio è un alimento genuino: viene cotto a vapore, per preservarne i valori nutritivi, e poi conservato con olio d’oliva e sale, e prima di essere venduto stagiona da quattro mesi a un anno. Il risultato? È apprezzato anche da chi normalmente non consuma pesce».

Tradizione e territorio

Filippo Maria Callipo
Filippo Maria Callipo

Nello stabilimento di 34 mila metri quadri di Maierato, dove tutto il tonno giunto nel porto di Gioia Tauro viene lavorato, Callipo oggi raccoglie l’eredità di quella che è stata la prima azienda in Calabria, e tra le prime in Italia, a inscatolare il pregiato tonno rosso. Il bluefin, fin dal X secolo, nella zona del Lametino e del Vibonese era catturato con il sistema delle tonnare fisse: ce n’erano ben dieci. Quella di Pizzo ha smesso di funzionare all’inizio degli anni Sessanta. E già Giacinto, padre dell’attuale amministratore delegato, aveva dovuto scegliere di riservare alla linea d’eccellenza il «tonno di corsa» locale. «Quello rosso ancora oggi viene pescato e lavorato direttamente dal fresco esclusivamente nel periodo primavera-estate — dice Callipo —. Ci riforniamo poi della specie yellowfin, pescata soprattutto nell’oceano Indiano». Subito dopo la pesca i tonni vengono congelati a bordo dei pescherecci e seguendo la catena del freddo arrivano in Italia, dove sono controllati e tracciati. Una fase delicata: la sostenibilità della pesca del tonno è sotto la lente da molti anni. Da un lato il cambiamento climatico influenza le migrazioni e la riproduzione dei tonni, mentre le organizzazioni ambientaliste diramano ogni anno report allarmanti sulla conservazione della specie.

Ad esempio, uno studio della Fao mostra che il 43% degli stock dei principali tipi di tonno oggi commerciate sono sovrasfruttati. «Ogni partita che acquistiamo è tracciata: conosciamo il nome del peschereccio, il periodo, l’area e il metodo di cattura — sottolinea Callipo —. Ad esempio, i nostri tonni sono pescati da barche certificate Dolphin Safe, che usano tecniche che evitano la mortalità dei delfini durante la pesca». Callipo non lavora tonno che proviene dalle zone protette dell’oceano Pacifico, dove la pesca tramite sistemi di aggregazione per pesci provoca la cattura di tartarughe e giovani tonni. «La sostenibilità per noi è un impegno importante, anche nella lavorazione — precisa l’imprenditore —. Non abbiamo mai delocalizzato e alcuni processi rimangono del tutto artigianali, come la pulitura, affidata alle mani esperte delle nostre donne, che seguono le regole tramandate dalla tradizione tonnara». Nel gruppo, degli oltre 390 dipendenti, la metà sono appunto donne. Anche l’invasettamento, per i formati più pregiati, è manuale.

Se la tradizione guida il business dell’azienda calabrese, lo sguardo di Callipo è però orientato al futuro. «Nel 2016, da un’idea di mio figlio Giacinto, è nata la linea Dalla nostra terra, composte e confetture con prodotti come la nduja di Spilinga o la cipolla rossa di Tropea: cresce e vogliamo consolidarla — dice Callipo —. Quest’anno abbiamo anche vinto un premio a Tuttofood, secondi dopo Ferrero, per la nostra nuova referenza: il tonno all’acqua di mare, realizzato con acqua estratta dallo Jonio e lavorata nel nostro stabilimento. Ne andiamo molto fieri».

Giacinto Callipo
Giacinto Callipo

E mentre è in funzione da inizio anno un magazzino acquistato dall’azienda nel porto di Gioia Tauro, dove si effettua la selezione dei tonni, «a Lamezia sarà presto attivo un deposito per il prodotto finito», spiega Callipo. La strategia del gruppo, che comprende un ramo nella gelateria, la Popilia srl, a cui fa capo un resort turistico sulle colline sopra Pizzo, e la Callipo Sport, che gestisce la squadra di pallavolo maschile di Vibo Valentia, guarda anche all’ecommerce (un milione di euro nel 2018) e punta sugli store monomarca: dopo il primo a Cosenza, «apriremo entro la fine dell’anno a Reggio Calabria e poi se va bene, magari anche nel resto d’Italia».

Ma il cuore — e la produzione — restano sempre lì, dove il Tirreno lambisce la «Costa degli Dei». Ripetutamente colpito da minacce e intimidazioni mafiose, Callipo si è candidato alle regionali in Calabria nel 2010 con la sua associazione «Io Resto in Calabria». Oggi ribadisce: «Io rimango qui: non ho un investimento fuori dalla mia terra. La Calabria potrebbe dare mille volte di più: penso al nodo di Gioia Tauro, potenziale volano di sviluppo per l’intero Mezzogiorno. Eppure, il porto non è ancora collegato alla stazione, per un solo chilometro. L’ho fatto presente anche a Toninelli…».