#inTendenza Il nostro Paese ha il primato degli operatori del settore. Sicilia, Puglia, Campania ed Emilia Romagna le regioni con più coltivazioni dedicate. E il giro d’affari tocca i tre miliardi di euro

Da fenomeno di nicchia a mainstream, il biologico italiano continua la sua ascesa, confortato da una domanda  crescente e da una maggiore democratizzazione dovuta anche all’ingresso massivo prima della gdo e, negli ultimi anni, anche dal discount e la produzione non manca all’appello, infatti, ben il 15,5% dell’intera superficie agricola italiana è coltivata a biologico, 2 milioni di ettari totali (dati Ministero delle Politiche Agricole).

Rispetto al panorama europeo, l’Italia detiene il primato per numero di operatori, seguita poi da Francia e Germania. Mentre si colloca al secondo posto per SAU biologica (Superfice Agricola Utilizzata), preceduta dalla Francia (dati SINAB – Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica). Sempre secondo le stime di Sinab, le regioni più bio, in termini di coltivazioni, sono la Sicilia (385.356 ettari), la Puglia (263.653 ettari), la Calabria (200.904 ettari) e l’Emilia-Romagna (155.331) che insieme rappresentano il 51% di tutta la superficie nazionale dedicata al biologico, mentre il 26% e? rappresentato da Lazio, Toscana, Sardegna e Basilicata, cui segue il 14% di Marche, Campania, Lombardia e Piemonte e il restante 9% e? costituito da tutte le altre regioni che hanno superfici al di sotto dei 50.000 ettari.

Consumi. Il bio piace ai consumatori, infatti, crescono gli acquisti arrivando a tre miliardi di euro, con l’ortofrutta che fa da traino ottimismo anche per il 2019, infatti, secondo le stime ISMEA, gli acquisti di prodotti bio sono aumentati di un ulteriore +1,5% nei primi mesi dell’anno. Una crescita che prosegue da oltre 5 anni e che è più che raddoppiata (+102 %) dal 2013 a oggi.

Canali. È la distribuzione moderna a dividersi il grosso della torta, con un + 5,5% per iper e super e un notevole +20,7% per i discount, mentre risultano in calo i dettaglianti tradizionali (-7%). In particolare, gli ortaggi crescono ma nella gdo con un +8,5% mentre nel tradizionale si riducono del 2,5%. A vincere è la comodità infatti la IV gamma, cresce sia in volume (+3,2%) sia a valore (+4,1%). Il comparto frutta flette complice una stagione difficile in termini di meteo che ha diminuito l’offerta con conseguente rialzo dei prezzi a soffrirne di più è, ancora una volta il dettaglio tradizionale con un -10,7% mentre gdo e discount possono dichiararsi soddisfatti con +11,5% in volume e +5,4% in valore, complici prezzi piu? bassi rispetto al 2018, soprattutto per mele, pere, kiwi, banane. Prezzi aumentati invece per le arance (+7,6%) le cui vendite infatti crescono sì ma in maniera meno consistente (+2,4%).

Estero. Ortaggi e legumi importati dall’estero crescono rispettivamente del 14% e 11%, ma rappresentano l’unica voce positiva lato importazioni bio che, invece, più in generale flettono del 10%, causa la caduta del 50% dal 2017 al 2018 dell’importazione dei prodotti industriali.

I best in class. Secondo i dati presentati ad Anuga, da “Made in Nature” -progetto europeo finanziato dall’Unione Europea e dai principali produttori di biologico in Italia come Brio, Canova, Conserve Italia, Lagnasco RK Growers, VeryBio  coordinati da CSO Italy- sul palco dei migliori, in termini di qualità offerta, sale l’uva da tavola, complice il sole di fine estate e le varietà senza semi che ormai stanno sostituendo (anche nel tradizionale) l’offerta. Si difendono bene anche le mele grazie alla sempre più ampia varietà offerta e alle continue proposte varietali innovative, come la Candine che piace ai consumatori perché dolce e croccante, al retail per la sua shelf life più lunga e anche ai frutticultori per la sua resistenza alla ticchiolatura, perniciosa malattia diffusa tra gli alberi da frutto, tra cui il melo, che può compromettere il raccolto. Anno difficile per le pere che, a differenza dell’uva, non hanno goduto di un clima favorevole che ne ha diminuito la quantità sul mercato ma, spiega CSO, non la qualità. Ottimi anche i risultati del bio trasformato, che vede i pomodori in prima linea.