Di positivo in questa crisi politica c’è che perlomeno si è tornati a parlare di imprese, di innovazione, di 4.0, di lavoro. Ma sempre con il sapore di chi ha degli obblighi nei confronti di blocchi di elettori. Non tenendo in considerazione il fatto che i governi hanno sì in mano le leve della spesa, ma, anche e soprattutto, la responsabilità di indicare la direzione che vogliono dare al Paese. Mettere tra le priorità l’istruzione è fondamentale per mantenerci competitivi. Purché non significhi solo generalizzati aumenti di stipendio nella scuola senza che vengano introdotti e salvaguardati criteri, sia pure inizialmente minimi, di merito. Il nostro Paese ha bisogno di ritrovare fiducia in se stesso. In questo i segnali che riceve la società nel suo complesso sono fondamentali.
Lasciare che passino messaggi secondo i quali è quasi impossibile essere valorizzati se si hanno capacità, è un colpo alla vitalità del Paese. Basta ascoltare i discorsi di molti giovani in questa estate così poco attenta al loro futuro, per capire quanto ci sia bisogno di sostegno finanziario, ma soprattutto di un progetto adatto agli sforzi di crescita di chi oggi studia o si avvicina al mondo del lavoro. Alla ripresa, alcune grandi aziende internazionali del lusso hanno annunciato in rapida successione centinaia di milioni di investimenti nel distretto toscano della pelletteria. Da quelli potenziali di Yves Saint Laurent (con intervento della pubblica Cdp) a Lvmh (con i marchi Celine, Fendi, Vuitton). Quanta fiducia e quanto futuro fanno intravedere e infondono operazioni di questo genere, dove quello che conta sono preparazione e capacità dei singoli e del territorio di rispondere alle richieste? Non si tratta di contrapporre una generica iniziativa privata al welfare o agli stimoli pubblici. Quanto rendere questi ultimi selettivi, non indistinti. In una parola efficaci. Affinché il dovuto sostegno ai cittadini, e alle imprese, non si tramuti nel suo pericoloso contrario: l’assistenzialismo.