Più che per ogni altro prodotto made in Italy, la filiera del vino rappresenta un modello da imitare per efficienza e sostenibilità ambientale e sociale. Questo tema sarà al centro della tavola rotondaDialoghi con le meraviglie del nostro Paese, prevista per oggi alle 17 presso il Teatro Metastasio di Prato. L’evento rientra nella tappa toscana del Grande Viaggio Insieme di Conad, dal 17 al 19 ottobre, che punta quest’anno i riflettori sul tema delle filiere agroalimentari. Non è un caso che sia Prato la città scelta per parlare del settore del vino: con i suoi rossi pregiati la Toscana guida l’export del vino italiano assieme a Veneto e Piemonte, e rappresenta l’emblema del forte legame tra prodotto e territorio, con 58 denominazioni di origine, di cui 11 Docg, 41 Doc, e 6 Igt, e un tessuto produttivo di circa 23mila aziende prevalentemente piccole e medio piccole, dove però non mancano i grandi nomi.
Alla serata prenderanno parte anche gli studenti dell’Istituto professionale alberghiero IPSSAR “F. Datini” di Prato. A chiusura del dibattito seguirà il concerto de “I Solisti del Sesto Armonico”, diretti dal maestro Peppe Vessicchio.
«Quello del vino è uno dei pochi settori in cui la globalizzazione ha prodotto una segmentazione della domanda, premiando chi è riuscito a orientare la sua offerta puntando su aspetti come l’alta qualità, la territorialità, la capacità di muoversi su diversi canali distributivi», annota l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. «Il caso dei produttori toscani, che hanno fatto della qualità e dell’appartenenza ai propri territori di origine il loro tratto distintivo, dimostra che la ricerca dell’eccellenza non solo premia i produttori, ma può diventare un efficace anticorpo alle degenerazioni che caratterizzano altre filiere agroalimentari. Anche settori caratterizzati da costi di produzione e di commercializzazione molto elevati possono trovare un loro mercato, se a monte si lavora per un’adeguata valorizzazione del prodotto finito».
Dalla ricerca emergono con chiarezza gli elementi che hanno contribuito a rendere la filiera del vino un modello di successo: una legislazione chiara, che prevede controlli puntuali e ha rafforzato gli enti destinati ai controlli; il recupero di vitigni antichi e autoctoni, l’attenzione alla ricerca e all’innovazione lungo tutti gli step di lavorazione; l’impiego di figure professionalizzate sin dalla fase della vendemmia; l’impegno in sostenibilità, strettamente connesso allo stretto legame che oggi tiene insieme vino e territorio; e non ultimo un sapiente utilizzo del marketing, che ha contribuito a promuovere una cultura del vino come elemento della tradizione italiana, legato ai territori, alle tradizioni e ai saperi.
Quello del vino e? il comparto agroalimentare più evoluto in termini di cultura imprenditoriale, comunicazione, marketing, dove non esiste un modello unico di successo, ma dove piccoli e grandi produttori raccontano storie complementari, entrambe basate su qualita? e biodiversita? delle produzioni nazionali. E dove la forza della cooperazione è riuscita nel difficile compito di accompagnare sui grandi mercati, anche internazionali, un grande numero di piccoli viticoltori associati.
Come evidenzia la ricerca Aaster, anche la grande distribuzione ha avuto parte attiva nella costruzione di un nuovo immaginario che identifica il vino non più come commodity, bensì come prodotto di valore. Non è un caso che nel 2018 i vini con maggior tasso di acquisto nei supermercati nel 2018 siano stati Doc e Docg, gli spumanti, i vini biologici e i vini col marchio dell’insegna distributiva (mdd). La sensibilità di alcuni grandi gruppi distributivi ha fatto sì che tra gli scaffali dei supermercati trovino oggi spazio anche produttori e cooperative di livello alto, non necessariamente capaci di fare grandi numeri, con prodotti di fascia superiore ma comunque accessibili per prezzo a buona parte dei clienti.