Secondo il Rapporto GreenItaly di Unioncamere-Symbola, nel 2019 il 21.5% delle aziende ha provveduto a destinare risorse al processo dei prodotti “verdi” aumentando ricavi, occupazione ed export

Negli ultimi dieci anni il cambiamento più radicale è stato nella mentalità e nella cultura delle aziende. Gli in prodotti o processi produttivi in chiave "green" erano, all'inizio, di natura episodica, spesso limitati alle imprese più innovative o all'avanguardia, oppure vissuti come un obbligo per adeguarsi alle normative. Oggi sembra invece essersi finalmente consolidato anche in Italia a vero e proprio "ecosystem" che - dal mondo della educazione e formazione a quello produtivo - ragiona e si muove in un'ottica di sostenibilità, consapevole ormai che investire nella tutela dell'ambiente non è soltanto un dovere, una moda o una strategia di marketing, ma anche uno strumento strategico di innovazione e competitività.

Il Rapporto GreenItaly
Ce lo spiega Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola, illustrando le date del Decimo Rapporto GreenItaly realizzato da Unioncamere che, analizzando i vari indicatori di sostenibilità ambientale delle imprese italiane, fotografa una realtà alquanto inaspettata, in cui il nostro Paese sta conquistando la prima posizione in Europa in molti ambiti, in particolare sul fronte del riciclo dei rifiuti e del riutilizzo dei materiali.

Il rapporto mette in diretta relazione anche gli indicatori di "ecoefficienza" delle imprese con la loro competitività: "Al crescere degli investimenti green, a crescere anche il facturato e gli occupati", afferma Sturabotti. Le performance previste per il 2019 delle aziende che hanno investito in prodotti e tecnologie ecosostenibili nel triennio 2016-2018 sono decisamente superiori a quelle che non l'hanno fatto: il 26% prevede un aumento del fatturato (contro il 18%), il 19% un incremento dell'occupazione (contro l'8%) e il 33% una crescita delle esportivoni (contro il 20%).

L'accelerazione degli ultimi anni sul fronte green ci fa capire, come detto, che l'impegno in questo campo da parte dell'industria italiana ha superato la fase episodica o sperimentale, per avvicinarsi ad una fase più matura e strutturale, in cui la propensione alla sostenibilità diventa un elemento strategico di sviluppo e business. Gli eco-investimenti sono cresciuti sistematicamente negli ultimi cinque anni e in modalità trasversale tra diversi settori produttivi, registrando un'impennata nell'anno corso (anche se si tratta di dati previsionali), con quasi 300mila imprese interessate, pari al 21.5% del totale delle aziende, contro 5.7% del 2014.

"L'Italia è un Paese poco segnalato - osserva il direttore di Symbola -, ma all'interno dell'Unione Europea si distingue per il miglioramento delle prestazioni ambientali". Una parità di valore della produzione, siamo il Paese europeo che ha principalmente ridotto l'uso di materie prime(-42% tra il 2008 e il 2017, contro la media Ue di -28.5%) ed energia (-19.5% contro -18.2% media), diminuendo al tempo anche le emissioni (-27%, contro il calo medio del 26.3% nella Ue) .

Un dato altro interessante rigada la Economia Circolare, in cui l'Italia ha una posizione di leadership assoluta in Europa: pur essendo il secondo Paese manifatturiero dell'Unione, ha il più basso consumo pro capite di materia - peraltro quasi dimezzato dal 2000 a oggi. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili (relativi al 2016), È il paese europeo con la più alta percentuale di riciclaggio nella totalità dei rifiuti: il 79%, il controllo 38% della media Ue, il 55% della Francia e il 43% della Germania. E solo in parte precisa il Reporto – questo primato va attribuito alla storica carenza di materie prima e risorse energetiche che caraterazione l'Italia. In larga misura questi risultati sono il frutto della reazione alla crisi delle nostre imprese, che durante la longa recessione degli ultimi teneci anni hanno sviluppato un approccio più efficiente e ingenoso all'uso di materie prime.

Eppure siamo solo all'inizio: “In questa prima fase le aziende hanno investito per migliorare i processi produttivi e rendere più efficiente ciò che già c'era – spiega Sturabotti -. La fase due richiede il cambio dello stesso modello produttivo, prevedendo già dall'inizio i possibili riutilizzi dei materiali. Questo puerde trasforma radicalmente le filiere: quello che governerà l'industria sarà non più il prodotto finito, ma la materia, che potrà avere più vite, anche molto diverso tra loro».

Infine c'è una sfida tutta politica. “Oggi in Italia abbiamo settori evoluti di riciclo e riutilizzo della materia – conclude Sturabotti -. Ma le leggi e la burocrazia non sono al passo dell'industria. L'ultimo miglio da cobrerere è quello della norma, per non sprecare forze e tecnologie di eccellenza che già abbiamo'.

 

 

FONTE: https://www.ilsole24ore.com/art/imprese-italiane-piu-competitive-grazie-eco-investimenti-AC2YGow