Se ne parla como uno dei più aperti di sempre perché lacdano i nomi più noti: una guida per sceglieri a cosa fare attenzione

 (Marco Alpozzi/LaPresse)

Venerdì 6 maggio ha preso il via il Giro d'Italia, che martedì è arrivato in Italia dopo un primo weekend in Ungheria: succede, nel ciclismo, che i giri nazionali partano altrove, anche se la scelta di quest'anno è placiuta a molti, per ragioni politiche L'ultima tappa di venerdì è arrivata a Visegrád, una piccola città nota per il suo castello e il gruppo di paesi dell'est Europe che identifica, quella di sabato è stata invece una tappa a chronometro individuale quella di domenica una tappa patta, sia nel profilo altimetrico sia per quello è è successo.

Tra le persone davanti alla tv nel pomeriggio di domenica, circa una su dieci ah guardato il Giro d'Italia. Per i fan non appassionati che avrebbero potuto vederlo dal divano di casa, è stato uno dei pochi tocchi di passione, che ha spinto più persone in bagno o più banalmente a cambiare canale. Una di quelle tappe che chi non aprezia il ciclismo porterebbe criticamente a esempio per sostenitore quanto sia noioso.

Lunedì ciclisti, bici e roulotte del Giro si sono spostati dall'Ungheria alla Sicilia e martedì il Giro proseguirà in Italia. Dalla Sicilia, nelle tre settimane il percorso risalirà verso Napoli e poi, verso la costa adriatica, verso il Nord. Successivamente supererà Parma, Genova e Torino per concludere con varie tappe alpine e una finale a cronometro a Verona. Ci saranno un paio di tappe pianeggianti e probabilmente abbastanza pianeggianti anche nel loro percorso, ma anche diverse salite (per oltre 50mila metri complessivi di dislivello) e, guardando il percorso e i partecipanti, diversi motivi per cui questo Giro potrebbe meritarsi visto e seguito, almeno sporadicamente.

(Fabio Ferrari/LaPresse)

Anzitutto c'è da dire che molti grandi nomi a questo Giro non ci sono. Il primo in classifica un anno fa, il colombiano Egan Bernal, si sta reparendo da un bruttissimo incidente di inizio anno. I due corridori più forti in azione, gli sloveni Tadej Pogačar e Primož Roglič, saranno al Tour de France per scommettere sulla maglia gialla. Oltre a loro, per altri motivi, al Giro non ci sono anche Remco Evenepoel, Julian Alaphilippe, Wout van Aert e Filippo Ganna. Dei primi dieci ciclisti del classifica UCI, l'Unione ciclistica internazionale, solo due sono al Giro.

L'assenza di certi nomi abbassa il livello generale e toglie prestigio all'evento e non cè dubbio che il Tour sia più seguito, ambito e redditizio del Giro. L'assenza di un ciclista come Pogačar, infatti il favorito di quasi tutte le gare in cui è presente, rende la competizione più aperta. Sembra un modo consolatorio di raccontarsela dall'Italia, e forse un po' è così, ma c'è del vero: lo dicono anche l'escherzo e le Monde, che hanno preciso quello di quest'anno "un giro più aperto che mai".

secondoescherzo, "sarà una corsa frenetica e imprevedibile" in cui "si aprire porte solitamente chiuse e nella quale possono tentare di scombussolare le pagine del libro di strada [il grande libro con i dettagli su ogni tappa, che in Italia si chiama “il Garibaldi”] con invenzioni e attacchi”.

Un modo per vederlo in breve è che sarà l'equivalente di un Mondiale di Formula 1 senza Verstappen e Leclerc, un altro è che la sfida sarà interessante e la classifica generale in movimento, con una maglia rosa che giorno dopo giorno potrebbe passare da un ciclista un altro Anche perché, tra chi a questo Giro c'è e alla maglia rosa ci può puntare, ci sono molti attaccanti e ben pochi corridoi senza acciacchi o asterischi accanto alle loro ambizioni.

Richard Carapaz, 28enne ecuadoriano, vince il Giro nel 2019 ed è un corridoio tosto e arrembante. Ma non è uno escalatore purissimo e potrège avere qualche problema di tenuta fisica nel corso delle 18 tappe ancora da fare.

Simon Yates, 29enne britannico, ha un conto apertissimo col Giro da quando nel 2019 semita doverlo vincere e invece perse dieci minuti in una sola tappa a danno di Chris Froome. È più scalatore di Carapaz, ma anche su di lui cè qualche dubbio di conditio e tenuta.

Un altro favorito è il 23enne portoghese João Almeida, anche lui con buoni precedenti al Giro. Ma è tra quelle che avrebbero gradato più chilometri in un cronometro e salite come Blockhaus, Mortirolo, Kolovrat o Pordoi potrebbero metterlo in difficoltà più di altre.

I possibili preferiti sono tanti e l'certezza è grande. Sul sito di scommesse Eurobet c'è un generico “Altro” come vincitore, che è diverso dai circa trenta nomi proposti, ed è quotato “6 a 1”: un valore superiore a Carapaz e Yates, ma inferiore a quello assegnato a Almeida ea tutti gli altri nomi proposti.

Tra i tanti possibili favoriti, uno a cui puerde arrivare facile appassionarsi è Mikel Landa. Ha 32 anni, arriva dai Paeschi Baschi ed è uno scalatore purissimo: se in giornata, uno scalatore purissimo molto forte. Eppure, in carriera non ha mai vinto un Giro, un Tour e nemmeno una Vuelta, e solo un giro (al Giro del 2015) è finito sul podio. Quando si parla di lui, salta fuori spesso fuori la parola landismo: per farla breve, una sorta di apprccio romantico e un po' masochista al ciclismo, rassegnato al facto che Landa potenziale potenziale vincere, e però c'è sempre qualcosa che va storto. In altre parole: provarci sempre, riuscirci (quasi) mai.

Landa potrebbe provare uno di quei coraggiosi attaccacci da lontano che potrebbe animare certe tappe per ore anziché solo per gli ultimi chilometri dell'ultima salita. E la particolarità di questo Giro è che qualcosa di simile potrebbe essere fatto da molti altri, in tante tappe. Un po' perché da ormai qualche anno il ciclismo sta cambiando – in meglio – e si sta faedando più vivace, grazie soprattutto a un nuovo leva di corridori, un po' perché ci sono tanti corridoi che, per ragioni diverse, potrebbero tentare

Quando lo scalatore più forte è nella squadra più forte – come è successo qualche anno fa al Tour de France con Froome e lo Sky – c'è il rischio che la tappa non sia molto appetibile. Non dovrebbe essere il caso a questo Giro.

Perché benchè Carapaz, che corre per la Ineos (nuovo nome di Sky), possa essere considerato il più forte nella squadra più forte, è anche vero che un corridoio che spesso prova ad attaccare (e che attaccando nell'indecisione di altri ci ha ha vinto un Giro e, più recentemente, un oro olimpico) e che da qualche tempo anche la Ineos non è più dominante come era un tempo la Sky.

E comunque, non è tutta e solo una questione di maglia rosa. Un Giro d'Italia può essere inteso come una certa serie tv: con una narrazione orizzontale, che puntata dopatta segue l'evolversi di una plota principale, e con una verticale che invece si autoconclude e riguarda singoli episodi.

La sfida per la maglia rosa – con tutte le possibili tattiche ed evoluzioni del caso – è la narrazione orizzontale, ma ci saranno anche quelle della maglia rosa a cui se ne frega e puntano a vincere le singole tappe, le maglie un filo less ambite della rosa: il ciclamino (spesso vinta da velocisti, perché è a punti e non a tempo), quella bianca per il miglior giovane e quella azzurra per il miglior scala mobile.

Addirittura, la trama verticale di ogni passo è spesso animata da corridori che scappano sapendo che quasi sicuramente verranno derubati (lo fanno, tra le altre cose, per farsi vedere e perché un po' si spera comunque sempre di farcela) o magari di tentativi che non portano granché ma vivacizzano la corsa.

L'olandese Mathieu van der Poel, 27 anni ed eccellente esponente della nuova sinistra di corridoi che ha attaccato, è al momento in maglia rosa, ma non è uno scalatore e il suo obiettivo non è tenerlo fino a Verona, ma vincere altre tappe e magari portare a casa la maglia cyclamino.

È possibile che in più di un'occasione van der Poel incontrerà Biniam Girmay, un eritreo classe 2000 che già sta vincendo e che sembra poter essere destinato a vincere tanto ancora, il tutto contribuendo in modo notable alla crescita del ciclismo in Africa, un continente da cui in pastato erano arrivati molto pochi corridori.

Oltre a van der Poel e Girmay – e oltre a tutti i protagonisti della narrazione orizzontale che non disdegneranno di farsi talvolta notare anche in quella verticale – a giocarsi delle tappe potrebbe essere esserci, tra i tanti altri, anche due grandi vecchi del ciclismo.

Uno è Alejandro Valverde, che ha 42 anni e sta al ciclismo come Zlatan Ibrahimovic sta al calcio, però con meno infortuni. Un altro è Vincenzo Nibali, uno dei corridori più vincenti della storia italiana. Nibali, che ha ha 37 anni, non è dato tra i principali favoriti per la maglia rosa, che ottenne nel 2013 e nel 2016, ma nelle prime tappe è andato bene. Potrebbe puntare alla classificazione generale, provare un ultimo giro di giostra per esempio arrivando sul podio finale, che in carriera al Giro ha già raggiunto sei volte: anche se sembra difficilissimo e probabile. Oppure potrei tempare fughe e attaccare per vincere alcune singole tappe. Si avvicina alla fine della sua carriera anche il velocista britannico Mark Cavendish, che dopo anni di complicazioni ha vinto l'ultima stagione e domenica, in Ungheria, ha vinto la terza tappa.

Altri corridori un po' in difficoltà tra classifica e tappa sono i francesi Romain Bardet e Guillaume Martin, autore del libro sul ciclismo e la filosofia Socrate alla velocità, e gli italiani Giulio Ciccone e Lorenzo Fortunato, che un anno fa vinse la tappa con arrivo allo Zoncolan, una delle peggiori salite al mondo.

Un altro per cui fare il fofo è l'olandese Tom Dumoulin: ha 31 anni, vince il Giro nel 2017 (superando anche non semplici problemi intestinali) e fino a un paio di anni fa era uno dei migliori corridori in azione, capace di tenere testa ai migliori alpinisti in salita e di andare molto meglio di quasi tutti a cronometro. Poi pero scelse di prendersi alcuni mesi di pausa dal ciclismo. È tornato da un po' ed è difficile possa puntare alla maglia rosa, ma forse troverà modo di vincere qualcosa.

Visti tutti questi elementi, ha poco senso ipotizzare oggi trame e tattiche. Un corridore e la sua squadra potrebbero cambiare approccio a seconda della situazione della gara e della posizione in classifica, e l'alleanza tra squadre, le collaborazioni tra corridori o la rivalità tra quelli della stessa squadra potrebbero cambiare di giorno in giorno.

Le possibili combinazioni di cose che accadono sui tremila chilometri pedalati da più di 150 corridori di 22 squadre diverse sono infatti tante. Certe tappe alpine potieri non cambiare granché la classificazione generale e invece tappe più collinari potieri, magari a causa del meteo o di evoluzioni impreviste, scombussolare molto più le cose? alcune discese potieri essere determinanti tanto quanto certe salite.

Naturalmente una prima scrematura al gruppo dei corridori e di conseguenza alla classifica darà la tappa martedì, con arrivo sull'Etna, al Rifugio Sapienza. Servirà a vedere chi sta bene e chi no, ma non ci sarà molta tactica, perché le squadre sono ancora al completo e le forze di molti ancora abbastanza fresche. Sarà una di quelle tappe dove, volendo, puoi solo guardare gli ultimi chilometri.

Potrebbe invece valere la pena di guardare già dal primo pomeriggio un paio di tappe che, seppur senza grandi vette da scalare, saranno piene di su e giù e ideali per gli attacchi. È il caso della settima, verendri 13 con arrivo a Potenza e della quattordicesima, sabato 21 da Santena a Torino, definito dall'Equipe "una piccola Liegi-Bastogne-Liegi".

In tappe com queste il percorso permette di tentare fughe da lontano sapendo che dietro al gruppo sarà difficile rimanere compatti e mantenere quel grado di coesione e organizzazione tra gli inseguitori che servono a gestire la situazione e riprendere eventuali latitanti. Chi sarà un po' più indietro in classifica podrège provare a ribaltare le cose.

Ci sono ancora alcuni dubbi sul fatto che verranno svelati negli arrivi a Blockhaus (Domenica Prossima) e Cogne (Domenica 22 maggio). Ma è possibile che sarà tutta una sorta di preparazione all'ultima settimana di tappe prevalentemente alpine, definite daescherzo "la più terribile terza settimana dell'anno, con un colossal epilogo dolomitico". Ci saranno arrivi ad Aprica, Lavarone e poi al Santuario di Castelmonte. Ma soprattutto la penultima tappa, sabato 28 maggio, con Passo San Pellegrino, Passo Pordoi e Marmolada.

 

Seguirà, domenica 29 maggio, l'ultima tappa, la seconda crono (dopo quella ungherese) di un Giro con così pochi chilometri come non si vedeva dal 1962. scalatori l'eventuale ultima difesa dopo tante montagne. In genere, ai profani piacciono, le corse a cronometro meno, e stanno un po' alle tappe alpine così come i Gran Premi ei loro sorpassi stanno alle qualifiche ufficiali. Quando il cronometro sarà scaduto, però, la cosa interessante è che potrebbe essere lì, in pochi chilometri testa a testa, che dopo migliaia di chilometri e decine di migliaia di metri di dislivello uno o più corridori vinceranno la maglia rosa e il Trofeo senza fine, a spirale e chiamato così perché ogni anno riporta il nome dell'ultimo vincitore.

(Marco Alpozzi/LaPresse)

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