Quanto vale una fashion week a Milano? Novantanove milioni e mezzo di dollari è il valore monetario dell’«impatto media» complessivo di una settimana di sfilate; 38,3 milioni di dollari il totale dell’engagement generato (tra like, commenti e condivisioni di post). Fino al 23 settembre, con Milano Moda Donna, le sfilate delle proposte per la primavera-estate 2020, la città torna capitale dello stile. E a calcolare quanto pesa (oltre all’indotto di più di 160 milioni, e la ricaduta turistica in città che sfiora i 50 milioni tra hotel e ristoranti) — al tempo di Artificial intelligence, e-shopping e influencer marketing — una settimana di moda ci prova Launchmetrics.
Maison e influencer
Guardando alle singole maison, con 4,6 milioni di dollari Versace è il brand che dalle elaborazioni di Launchmetrics lavora meglio con i propri social media (Facebook, Twitter, Instagram). Ma tra le maison che fanno un buon lavoro con i social ci sono anche Fendi e Gucci, Moschino, Prada, Emporio Armani e Giorgio Armani, con Dolce Gabbana, Alberta Ferretti e Moncler. Le influencer superstar delle sfilate a Milano? Il valore monetario generato, solo nella settimana, dalla star delle influencer Chiara Ferragni è 2,5 milioni di dollari. Il post sponsorizzato (dichiaratamente pubblicitario) dal valore più alto? A Milano vale 408 mila dollari.
Hashtag MFW
E quanto vale, soltanto l’Hashtag MFW (Milan Fashion Week)? Su Instagram 44 milioni di dollari, su Twitter 1,8 milioni di dollari sempre dalle elaborazioni di Launchmetrics sulla settimana della moda 19-25 febbraio su online e social media, basandosi solo sugli account business. Come si calcola l’effetto volano delle sfilate? «Launchmetrics ha accesso diretto a una inimmaginabile quantità di dati», spiega da New York Michael Jaïs, il francese al timone del gruppo che lavora con oltre mille brand in cento Paesi. «In tutto: 231 miliardi di social media post, oltre 21 milioni di articoli media online e poi il punto di vista di 200 milioni di opinion leader e di 13 milioni di brand e retailer al mese. Oltre ovviamente a valori di stampa scritta tradizionale. Così, forti di questo enorme database siamo in grado di monitorare l’impatto di eventi rilevanti su aziende e industry della moda», completa Jaïs al timone del gruppo nato nel 2016 dalla fusione di due aziende pioniere del fashion-tech, Fashion GPS e Augure. E come vengono poi elaborati questi dati? «Utilizzando quello che abbiamo chiamato Miv, ovvero Media Impact Value, il nostro algoritmo che ci consente di elaborare una sorta di moneta unica di valutazione di tutte queste azioni. In pratica viene attribuito un valore monetario a ogni post, ogni interazione o articolo uscito». E chi vince, tra maison italiane e francesi? E tra le varie fashion week?
Camera della Moda
«Come francese — risponde a L’Economia Jaïs — tendo a essere un po’ di parte nei confronti del lavoro che le case di moda d’Oltralpe hanno fatto. Però per Launchmetrics i clienti italiani sono tra i primi in Europa per entusiasmo nell’introdurre nuove tecnologie per generare nuove efficienze nei rispettivi business. È interessante vedere come gli italiani stiano cercando in modo molto attivo nuove opportunità tecnologiche per restare competitivi e confermarsi l’epicentro della creatività e dell’artigianalità. Difatti lavoriamo sia con Camera della Moda, che con Pitti Immagine. C’è stato un cambiamento enorme negli ultimi anni nella moda: cambia il consumatore e il modo in cui i brand si promuovono verso i consumatori». Insomma oltre alla sfilata fisica, c’è ormai un mondo digitale. Da valorizzare. «Con l’oscillazione verso il digitale i brand stanno cercando le soluzioni per affrontare al meglio questo panorama e si stanno rivolgendo al mondo dei data per prendere le proprie decisioni. E come Launchmetrics li aiutiamo a capire come costruire il rapporto di lealtà consumatore-brand». Launchmetrics ha appena nominato la sua prima managing director italiana.
Il futuro
«L’Italia è un mercato chiave, con clienti importanti come Fendi, Sergio Rossi, Diesel e la Chiara Ferragni Collection e con un forte potenziale di sviluppo. Così arruolare Stefania Casciari, un’esperta di campagne di influencer marketing era fondamentale. Un esempio? Il 14% del Miv generato da Fendi nella prima metà dell’anno è da attribuirsi soltanto al peso delle influencer». E quale sarà il futuro della moda, in passerella e in vetrina? «Sarà frutto del delicato equilibrio tra mondo fisico e mondo digitale. Con i consumatori più giovani che spingono i brand ad abbracciare marketing digital ed esperienze di shopping digitale. Così l’industry della moda dovrà integrare strumenti e contenuti digitali nell’intera supply chain dall’ideazione del prodotto alla commercializzazione. Guardando avanti, andrà bene chi saprà sfruttare i data per rispondere più rapidamente ai trend di mercato e prendere di conseguenza le decisioni industriali».