Collana web, si inizia con la 24 HP dei creatori Stella e Merosi

‘Storie Alfa Romeo’ è la nuova collana web che FCA e Alfa Romeo regalano a tutti gli appassionati di auto e motorismo in occasione della celebrazione dei 110 anni della marca milanese. Un cammino che viene ripercorso attraverso una storia non convenzionale con retroscena ed episodi che parlano di automobili e si intrecciano con la cultura e la società italiana.

‘Storie Alfa Romeo’ racconterà curiosità, costume, fatti correlati allo sviluppo del marchio, e a quello storico e sociale d’Italia, attraverso i suoi modelli più famosi, accompagnati da foto d’archivio e dalle immagini delle vetture ospitate dal Museo Storico Alfa Romeo di Arese.

Come ogni creazione firmata dal Biscione, anche ‘Storie Alfa Romeo’ mette al centro chi siede al volante, ma non solo. Di puntata in puntata, le ‘Storie Alfa Romeo’ permetteranno di incontrare piloti e divi, tecnici e stilisti, celebrità e semplici appassionati, cioè i protagonisti della leggenda del Biscione.

”Le belle storie emozionano e confortano – si legge nella nota di FCA – e soprattutto nei momenti più complicati rappresentano un corroborante momento di evasione. Una storia ben raccontata è come un’automobile ben fatta, capace di avvolgere e di appassionare: consente di andare lontano, almeno con la fantasia, e di godersi il panorama che sfila dal finestrino. Soprattutto in questo frangente di giorni difficili c’è un diffuso desiderio di storie, e Alfa Romeo ne ha tante da raccontare”.

Il primo episodio di ‘Storie Alfa Romeo’ vedrà come protagonista la prima vettura uscita dalle officine del Portello: si parte a bordo della 24 HP del 1910. E naturalmente non mancherà l’occasione per rivivere le origini del mito sportivo Alfa Romeo, dal debutto nelle corse nel 1911 alla prima vittoria nella Targa Florio, atto di nascita del leggendario Quadrifoglio. Ma vediamo come si arriva alla 24 HP, icona assoluta del suo periodo.

E’ il primo gennaio del 1910 e al numero 17 della centralissima via Cappuccio a Milano, parallela della celebre via Monte Napoleone, dove abita un giovane e promettente progettista che risponde al nome di Giuseppe Merosi vengono completati i piani per due nuovi motori da 12 e 24 HP e per un telaio da carrozzare che possa ospitarli.

Nonostante sia il primo dell’anno Merosi consegna al suo committente i rotoli di disegni che ha completato – lavorando giorno e notte – dopo aver ricevuto l’incarico solo nell’autunno del 1909. L’uomo che si presenta in via Cappuccio è il cavalier Ugo Stella, ex direttore generale della Darraq. Ma facciamo un passo indietro: questa azienda francese era sbarcata a Napoli nell’aprile 1906 (e parallelamente a Londra) per esportare le sue automobili.

L’attività all’ombra del Vesuvio evidenzia però molte difficoltà logistiche e l’azienda guidata da Ugo Stella si trasferisce nel dicembre dello stesso anno nella periferia di Milano, al numero 95 del Portello (El Portell in dialetto milanese) che era una antica strada rurale che univa il capoluogo lombardo a Rho, prima della costruzione della statale del Sempione. Le cose, nonostante il nuovo stabilimento che occupa 200 persone, non vanno però bene e nell’autunno del 1909 la Società Italiana Automobili Darraq viene posta in liquidazione.

Ed ecco entrare in scena Merosi e il suo tecnigrafo di via Cappuccio: Stella non vuole arrendersi e con l’appoggio della Banca dell’Agricoltura rileva capannoni e attrezzature del Portello e riassume i 200 operai, certo – perché conosceva bene i gusti dei clienti dell’epoca – che l’auto progettata dal giovane Merosi avrà successo.

Anche se per veder nascere l’ALFA (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) bisogna attendere il 24 giugno di 110 anni fa, data di registrazione a Milano della ragione sociale, quei primi mesi del 1910 rappresentano di fatto la ‘gestazione’ di questa grande e storica marca italiana.
Che, non a caso, muove i primi passi a pochi metri dall’appartamento 105 del Grand Hotel et de Milan dove ha alloggiato per 27 anni Giuseppe Verdi e al centro di quel Quadrilatero della Moda (e del design) che diventerà il simbolo stesso del saper creare e del saper innovare dell’Italia.