Visibili i disegni sull’intonaco scoperti negli anni ’70
ROMA – Disegni nascosti sotto gli arazzi e mai mostrati al pubblico, il braccio di una nereide, ma anche il volto barbuto di un uomo, nel quale la leggenda ha voluto vedere un giovane Michelangelo. Nei 500 anni dalla morte di Raffaello, dopo la grande rassegna che aprirà i battenti giovedì 5 marzo alle Scuderie del Quirinale, anche la superba Villa Farnesina a Roma, in gran parte affrescata dal genio urbinate, dedicherà ben due appuntamenti alle celebrazioni. E il primo, dal 6 aprile al 31 luglio, sarà l’occasione per scoprire anche qualche segreto di quella che fu la fastosa residenza romana di Agostino Chigi, il banchiere dei papi, uomo ricchissimo e potente, capace di dominare la scena e i salotti di quegli anni.
Amico e mecenate di tanti artisti, collezionista dotato di occhio e di intuito tanto da mettere insieme una stupefacente collezione di antichità greco-romane, il senese Agostino Chigi è stato insieme ai due papi Giulio II e Innocenzo X, un committente importante di Raffaello. Ma anche un amico, tanto che il giovane pittore marchigiano frequentava la sua casa abitualmente, già prima di essere chiamato ad affrescarla e a progettarne le scuderie (un edificio che non c’è più, abbattuto nel 1808 dopo decenni di abbandono) e per questo ne conosceva palmo palmo le ricchezze artistiche che pure furono per lui una fonte di ispirazione. Il destino poi chiuse il cerchio facendo morire i due amici a cinque giorni di distanza l’uno dall’altro, il 6 aprile del 1520 il grande pittore, l’11 aprile il brillante banchiere. Quando venne sorpreso dalla morte, Agostino Chigi aveva 54 anni ed era all’apice della sua potenza. Solo qualche mese prima, nell’agosto del 1519, aveva sposato Francesca Ordeaschi, un matrimonio spudorato e rivoluzionario per l’epoca, perché la bellissima sposa era una prostituta che aveva conosciuto a Venezia nel 1511 e che si era portato a Roma facendone la madre dei suoi figli. Per festeggiare le nozze, le sale della residenza, che già era stata progettata come una “villa di delizie” con grandi giardini e una loggia affacciata sulle acque del biondo Tevere, vennero ulteriormente affrescate.
Al bravo Baldassarre Peruzzi, che ne era stato l’architetto ma si stava occupando anche delle decorazioni pittoriche (anche quelle sulle facciate esterne che purtroppo sono andate perdute) Chigi affiancò Raffaello, chiedendogli di decorare la Loggia con la storia a suo modo ammiccante del matrimonio tra Amore e Psiche, mentre Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, si occupava della stanza nuziale al primo piano, e un altro grandissimo talento, il veneziano Sebastiano dal Piombo allievo di Giorgione, lavorava accanto a Raffaello nella sala resa celebre dal Trionfo di Galatea.
Un insieme di meraviglie voluto per sottolineare la carriera fulminante del padrone di casa, così vicino in potenza anche ai papi ai quali prestava il denaro. Una magnificenza che le cronache dell’epoca ricordano, citando anche un banchetto per il battesimo di uno dei figli al termine del quale l’istrionesco padrone di casa avrebbe esortato gli ospiti a gettare nel fiume stoviglie e suppellettili d’oro e d’argento (salvo poi recuperare tutto al mattino dopo grazie ad ingegnoso sistema di reti). Ma anche una fortuna che né Agostino, né la sua bella sposa riuscirono a godersi davvero: forse avvelenata, Francesca Ordeaschi Chigi morì sette mesi dopo il marito, lasciando orfani i figli ancora bambini, l’ultimo nato addirittura dopo la morte del padre. E nel giro di pochi anni, era il 1579, quella villa così speciale passò ai Farnese dai quali prese il nome con la quale la conosciamo oggi, dal 1944 sede dell’Accademia dei Lincei.
Dopo i restauri che in anni recentissimi hanno riportato all’antico splendore la loggia raffaellesca ma anche la deliziosa camera nuziale con il matrimonio di Alessandro Magno e Rossane, la mostra aperta dal 6 aprile consentirà di scoprire i disegni sull’intonaco scoperti negli anni ’70 al di sotto del Polifemo di Sebastiano del Piombo e del Trionfo di Galatea di Raffaello, sinora mai esposti al pubblico. Un sistema interattivo, da poco messo a punto, consentirà di osservare da vicino tutti i dettagli delle pitture sulla loggia (a occhio nudo sono distanti otto metri) e anche di distinguere fiori e frutti degli opulenti festoni che la incorniciano.
Dal 1 ottobre al 10 gennaio 2021 una seconda mostra, curata da Alessandro Zuccari e Costanza Barbieri, accenderà poi l’attenzione proprio sulla grande collezione di statue, sarcofagi, rilievi, cammei e monete antiche messa insieme da Agostino Chigi: una messe di meraviglie che sicuramente influenzò anche Raffaello e che ora i prestiti dei grandi musei del mondo, dai Vaticani agli Uffizi, dal Kunsthistorisches di Vienna all’Archeologico di Napoli, consentiranno di rivedere per qualche mese là dove il banchiere li aveva voluti.