L'eccellenza della moda e le sfide per il business tra equilibri geopolitici, rallentamento dei mercati esteri e nuove esigenze dei consumatori nella pubblicazione di Deloitte “Making IT – Fitting the Future”
La moda è un settore emblema dell'eccellenza del made in Italy nel mondo grazie a fattori come qualità dei materiali, creativà e artigianalità. È quanto emerge da "Making IT – Fitting the Future", pubblicazione realizzata da Deloitte con il supporto di Scuola Holden che, attraverso una serie di interviste a 25 imprenditori del settore, ne mette in luce i punti di forza, ma anche le sfide che le aziende devono affare.
Nel 2018 il fatturato del settore tessile moda e accessori (Tma) ha raggiunto i 95,5 miliardi di euro e ha registrato un saldo commerciale positivo di oltre 28 miliardi. A livello europeo genera il 34% del valore aggiunto e occupa un quinto dei lavoratori dell'Eurozona (22%).
"Il Sistema della moda italiano può vantare fattori che lo rondo unico al mondo. Come racconta questo libro, ad esempio molte delle 65mila aziende presenti sul territorio italiano sono attive da più generazioni e i segreti dell'artigianato diventano industrie e si tramandano di padre in figlio - commenta Claudio Marenzi, Presidente di Confindustria Moda -. Siamo inoltre l'unico Paese in grado di offrire una filiera di eccellenza integrata a monte ea valle, composta da aziende di ogni dimensione, in grado di garantire in ogni fase della creazione del prodotto, la qualità di eccellenza necessaria a supportare il nostro posizionamento".
Punti di attenzione per l'esportazione
A questi risultati hanno contribuito anche le esportazioni di prodotti del settore moda, come confermato dalla predisposizione all'export di 66.3% delle aziende del settore. Tra i mercati a maggior potenziale, la Cina gioca un ruolo di primo piano, registrando un tasso di crescita a doppia cifra (+15.2%).
“Nonostante lo scenario internazionale presenti attualmente alcuni fattori di incertezza, come le guerre commerciali o il rallentamento congiunturale di Paesi come Cina e Germania, le aziende del settore moda stanno dimostrando una particolare flessibilità e capacità di attrarre consumatori dai mercati esteri – ha commentato Patrizia Arienti, senior partner Deloitte ed Emea Fashion & Luxury leader -. Si conferma anche il risultato dell'export registrato nei primi sei mesi del 2019, in crescita di 7,21 TP2T rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. I fattori critici dell'export sono i rallentamenti congiunturali in Cina e Germania e una possibile “hard Brexit”.
Fattori di eccellenza
Qualità e artigianalità sono fattori di eccellenza italiana nel mondo. In Italia operano 24 delle 100 più grandi realtà attive nella moda e nel lusso a livello mondiale. Di questi, più di due terzi operano nel settore dell'abbigliamento e delle calzature.
"La nostra analisi conferma che il settore moda rappresenta l'eccellenza del Made in Italy a livello internazionale, la cui reputazione non è basata solo sulla qualità dei materiali, ma anche sugli aspetti immateriali della produzione, come creatività e artigianalità - nota Alessandro Fontana, partner di Deloitte -. Le diverse storie raccontate in Making IT, infatti, sono legate alla ricerca della bellezza, intesa come processo in cui arte e industria contaminano la produzione e l'export dello stile di vita italiano.
Come avicinacarsi al consumatore
Le imprese dell'industria del fashion devono affrontare anche le sfide che comporta l'emergere di un nuovo consumatore, sempre più connesso e informato. Per allinearsi alle esigenze dei consumatori, le aziende intervistate confermano di doversi confrontare con l'esigenza di unicità e personalizzazione, mantenendo ritmi di produzione sempre più elevati.
"In futuro dovremo personalizzare il prodotto per il consumatore, ora lo stiamo personalizzando per il cliente. La chiave per sopravvivere sarà trovare il modo di industrializzare questo modello: le testimonianze Ercole Botto Poala presidente di Milano Unica e ceo Successori Reda -. La vicinanza al consumatore di oggi si raggiunge anche attraverso la condivisione del valore, tra cui spicca la sostenibilità ambientale.
Il fattore umano
"La nostra realtà assomiglia a un po' a un diamante. Ci sono tante sfacettature – concludi Licia Mattioli, amministratore delegato di Mattioli e presidente per l'Internazionalizzazione di Confindustria -: Una delle più importanti è siuremente questo mix tra artigianale e industriale: dove non arriva la mano, ecco che arriva la machine e viceversa".
Il fattore umano continua comunque a giocare un ruolo importante in un settore come quello della moda l'attrazione dei talenti resta un punto critico per l'azienda. «Alcuni degli intervistati si stanno già muovendo per contrastare questa tendenza - continua Fontana -. Per far ciò, è necessario participio alla formazione della forza lavorativa del futuro, costruendo le competences che servirano in un domani molto vicino ma anche saper tramandando, di generazione in generazione, l'arte del fare".