Non creare prodotti, ma opere d’arte. Per una clientela esclusiva che le tramanderà di generazione in generazione. Come si fa con i gioielli. Perché le creazioni di Rubeus pur non essendo propriamente gioielli assomigliano molto a dei tesori.
Sono borse, scarpe e prossimamente profumi disegnati e realizzati a Milano con materiali italiani per una clientela internazionale disposta a spendere. E tanto, pur di avere qualcosa di unico.
“Lavoriamo per l’1% del mondo”, ci dice. “I prezzi delle nostre borse con gioielli vanno dai 10mila euro in su e il nostro obiettivo è mantenere i prezzi altissimi”. Perché “il competitor numero uno è Hermes, ma i super ricchi si annoiano con le Birkin. Vogliono le Rolls Royce personalizzate. Ecco perché anche noi realizziamo prodotti personalizzati”. Come la collezione speciale realizzata per il Medio Oriente: in 6 anni sono state create 22 borse con gioielli, ciascuna del valore di 180mila euro.
Nulla in confronto alla borsa che Rubeus ha esposto al Louvre di Parigi realizzata con inserti in Alessandrite, una pietra che non viene nemmeno più estratta, quindi quasi introvabile, che con la luce del giorno assume una colorazione verde per diventare viola con il calare della sera. Un oggetto dal valore incalcolabile, che secondo Christie’s potrebbe essere acquistata solo da 5 o 6 famiglie al mondo.
“Se parti alto poi puoi scendere, se parti basso non puoi fare il contrario”, dice Bondarenko per spiegare il progetto Rubeus. A partire dal nome, latino, ma che si legge nello stesso modo in Italia e nel resto del mondo. Un’avventura iniziata sei anni fa con una ricerca di mercato tesa a scoprire cosa mancasse nel mondo dell’altissima gamma. Risposta: gli accessori di super lusso. Così parte la produzione di borse con materiali pregiati. Gli stessi che ci circondano mentre la incontriamo nei suoi uffici nel centro di Milano, tra pellami esotici e cofanetti contenenti pezzi unici.
Nataliya Bondarenko, da otto anni in Italia, dove ha conseguito un master in
architettura, disegna gli oggetti e guida la maison anche dal punto di vista strategico: “Oggi vendiamo principalmente in Gran Bretagna (il primo partner è stato Harrods, ndr), Medio Oriente e Russia, mentre è ancora presto per la Cina, un mercato che ha bisogno di brand. All’inizio comunque vendevamo solo a clienti privati su commessa, da quest’anno lavoreremo con un distributore, poi magari tra una decina di anni arriverà anche il momento per dei negozi monomarca, ora è un po’ troppo presto”. Perché adesso è il momento di allargare il raggio d’azione: “Nel giro di 2-3 anni lanceremo una linea di cosmetica e di piccola pelletteria. E nel 2020 sarà sul mercato una capsule di giubbotti e cappotti creati ad hoc con i tessuti veneziani Bevilacqua, realizzati con telai manuali e disegni presi dall’archivio storico dell’azienda”. Con un obiettivo: uscire dalla nicchia del super lusso e diventare una grande firma. Per passare da zero a 100 nel giro di 10 anni. “Magari – conclude Bondarenko – anche con il contributo di un designer famoso, che possa dare ancora maggiore visibilità al brand”.