Continua a crescere il mercato dei prodotti a denominazione di origine, più che triplicato all’estero: tante luci e qualche piccola ombra, dai trattati internazionali all’industrializzazione.

La benzina dell’Italia? Spegnete le trivelle: sono DOP e IGP. È la conclusione che si trae leggendo i dati raccolti dal Sole 24 Ore su un trend di crescita ormai decennale. Il nostro paese è leader in quanto a prodotti tutelati nella UE: sono italiani in 299 casi su 822, con l’esclusione dei vini. E sono delikatessen che fruttano, fungendo da volano anche turistico per interi territori. Il mercato è infatti esondato dalla sua nicchia originaria, come un fiume in piena: vale 7 miliardi all’origine e oltre il doppio, per la precisione 14,7, al consumo, 3,5 dei quali all’estero. Cifre che in un decennio segnano il + 46%, il +63% e nel caso dell’export superano clamorosamente il +300%.
Entrando nel dettaglio, tuttavia, si scopre che il giro d’affari è coperto in larga parte da una manciata di prodotti, soprattutto fuori dai confini nazionali. Sono i primi 15 a realizzare l’88% del fatturato al consumo e coprire quasi interamente le esportazioni con un semitondo 95%. Solo i primi 6 (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Aceto Balsamico, Mozzarella di bufala e Prosciutto di San Daniele) coprono il 70%. Ma anche le piccole denominazioni crescono: è il caso della Liquirizia di Calabria Dop o del Cioccolato di Modica Igp, che stanno trainando aree storicamente depresse.
E non è l’unico cambiamento da rilevare. Rispetto ai tempi della loro istituzione, nel 1992, Dop e Igp sono profondamente cambiate. Spesso (e nei casi più eclatanti) non rappresentano più un ombrello a tutela di piccole attività artigianali, ma un anello della filiera industriale, nella quale si sono agevolmente inserite. Sono numerosi i brand, perfino private label della grande distribuzione, che si sono lanciati nel mercato, producendo paste di Gragnano Igp o Aceto Balsamico di Modena Igp, come segnala Mauro Rosati, direttore della Fondazione Qualivita, che il 12 dicembre presenterà l’Atlante 2019 dei prodotti Dop e Igp in tandem con Treccani. È andata addirittura oltre una multinazionale come Coca-Cola, quando ha apposto il marchio Fanta su una bibita all’arancia rossa di Sicilia Igp, come rileva invece Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia, che riunisce 66 consorzi di tutela.
Ma molto resta ancora da fare, soprattutto in termini di tutela dei prodotti italiani all’estero, dove il forte appeal si traduce in pratiche dannose: il cosiddetto italian sounding. “Troppo spesso riguardo ai negoziati con i paesi esteri ci si concentra solo sulle liste più o meno ampie di prodotti tutelati dagli accordi, dal Ceta col Canada all’Epa col Giappone solo per citarne alcuni”, prosegue Baldrighi. “Mentre si sottovaluta che quegli accordi da un lato contengono semplificazioni burocratiche e tagli tariffari non meno importanti della tutela dei marchi Dop mentre, dall’altro, hanno fatto nascere in paesi lontani una prima disciplina sulle denominazioni d’origine e anche questo rappresenta un enorme passo avanti rispetto anche a pochi anni fa”.