Buone notizie per il kiwi italiano. Le aziende tricolore possono iniziare a spedire il frutto su due mercati lontani: Corea del Sud e Colombia. Quest’ultimo Paese, in particolare, dal 2016 aveva imposto un blocco al prodotto italiano a causa del rinvenimento di due acari: Amblyseius Andersoni e Allothrombium. A distanza di tre anni, i porti colombiani riaprono quindi le porte ai nostri kiwi.
 
“Sia la Corea del Sud che la Colombia sono mercati interessanti dal punto di vista economico. E’ sempre meglio avere delle opportunità piuttosto che dei paletti, al di là del fatto che la produzione nazionale in questa stagione non sarà certo abbondante – commenta a Italiafruit News Davide Vernocchi, presidente del Gruppo Apo Conerpo – La conferma della Corea del Sud, settima potenza mondiale, è sicuramente una notizia estremamente positiva per tutta la filiera italiana del kiwi, dal momento che stiamo parlando di un mercato di destino ormai consolidato a livello di volumi e nel quale possiamo sfruttare relazioni più strutturate”. 
 

Davide Vernocchi
 
L’export nel Paese asiatico è ufficialmente possibile da giovedì 21 novembre con procedura di cold-treatment in transito. Un risultato importante che, come spiega il Cso Italy, è l’esito dei sopralluoghi svolti dal 4 all’8 novembre scorsi da parte delle autorità coreane in quattro frutteti e stabilimenti, presi a campione tra quelli inseriti negli elenchi ufficiali, in Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, ovvero Frutta C2, Consorzio Frutteto, Agrintesa e Agrilepidio.
 
L’on site survey è una visita annuale imposta dall’accordo bilaterale siglato tra Italia e Corea del Sud nel 2012 propedeutica all’apertura dell’export stagionale dei kiwi. In base alla comunicazione rilasciata dal ministero dell’Agricoltura italiano emerge soddisfazione in merito all’organizzazione della recente visita, tale da permettere una valutazione effettiva della gestione degli impianti secondo quanto richiesto dal protocollo. Rispetto al futuro, l’ispettrice coreana di competenza ha ritenuto che tale ispezione debba continuare a ripetersi ogni anno prima dell’inizio delle spedizioni.
 
 

Simona Rubbi
 
Simona Rubbi, responsabile dei rapporti internazionali del Cso Italy, dichiara: “Siamo soddisfatti e vogliamo ringraziare l’Ice per il supporto offerto, le imprese che si sono rese disponibili a ospitare le autorità asiatiche, i Servizi fitosanitari di Veneto, Emilia-Romagna e Lazio e il ministero dell’Agricoltura. Raccomando a tutti gli operatori di prestare sempre la massima attenzione quando si esporta in mercati lontani e difficili, mantenendo un elevato senso di responsabilità collettiva”. 
 
Per quanto riguarda il “gradito” ritorno in Colombia, Rubbi precisa che l’accordo non prevede il cold-treatment. “Le autorità competenti del Paese sudamericano hanno accettato le misure proposte a novembre 2018 a seguito delle trattative e della documentazione predisposta, grazie anche al supporto e alla collaborazione di alcune imprese socie”.
 

 
Gli esportatori italiani dovranno richiedere il permesso di importazione attraverso la piattaforma colombiana Sispap – Sistema de información sanitario para importación y exportación de productos agrícolas y pecuarios, ndr –  oltre a adottare tutte le misure di controllo e pulizia, inclusa l’aspirazione e la spazzolatura dei frutti, volte a garantire l’eliminazione degli organismi nocivi, specialmente quelli presenti nella parte esterna dei frutti. Dovranno poi essere assicurate tracciabilità e rintracciabilità del prodotto attraverso la tenuta di appositi registri, così come la pulizia dei materiali e degli imballaggi utilizzati.
 
La Colombia, inoltre, richiede agli operatori italiani di assicurare le aree di lavorazione e carico per evitare infestazioni di insetti e organismi nocivi. Per quanto riguarda i controlli ufficiali, gli ispettori fitosanitari dell’Italia dovranno controllare prima della spedizione un campione di 600 frutti per lotto, in accordo con lo standard Ispm 31.

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